Amedeo Modigliani (1884-1920). Retrospettiva a Livorno in occasione del centenario della morte
Il 24 gennaio del 1920 muore a Parigi Amedeo Modigliani per un attacco fulminante di meningite tubercolare. La sua morte genera uno dei drammi più sconcertanti della storia dell’arte poiché, a distanza di soli due giorni, anche l’artista Jeanne Hébuterne, sua giovane compagna incinta di nove mesi, lo segue nel triste destino buttandosi dalla finestra dell’appartamento paterno.
L’avanguardia artistica e tutta Parigi restano sconvolte dalla tragedia. È la Parigi degli anni folli, subito dopo la Grande Guerra, dove non esistono restrizioni alla libertà. Purtroppo, la libertà che conquista anche l’ambiente artistico è contaminata, dal punto di vista economico, da un cinismo crudele: i mercanti sfruttano la sorte di Modigliani per farne uno dei massimi valori commerciali del mercato e poterci guadagnare sopra, mentre la storia si appropria del personaggio per trasformarlo nell’emanazione evanescente e scandalosa del mondo bohémien della Ville Lumière. Modigliani diventa leggenda. È difficile, ancora oggi, ripristinare la realtà del personaggio e la verità storica dei fatti di quella triste vicenda.
La mostra anniversario
In occasione del 100° anniversario della scomparsa, la città di Livorno rende omaggio al figlio più illustre con la grande retrospettiva “Modigliani e l’avventura di Monpernasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre”, visibile fino al 16 febbraio 2020. Allestita presso il Museo della Città, la mostra propone ben 14 dipinti e 12 disegni di Modigliani raramente esposti al pubblico ed offre, in più, una visione globale della grande École de Paris a cui Modì stesso appartenne, proponendo un centinaio di capolavori di artisti a lui contemporanei. Organizzata dal Comune di Livorno insieme all’Istituto Restellini di Parigi con la partecipazione della Fondazione Livorno, l’esposizione è curata da Marc Restellini e coordinata da Sergio Risaliti. Nelle intenzioni dell’Amministrazione che l’ha fortemente voluta, essa serve anche a mettere fine a quel lungo fraintendimento che ha distorto, fino a renderlo irriconoscibile, il profondo rapporto di filiazione tra Livorno e il suo artista. “Dedo” torna quindi a casa, nella città dove è nato è cresciuto e si è formato alla scuola Macchiaiola sviluppando la sua capacità creativa; torna nella città che lo ha permeato con la sua universale spiritualità giudaica e che lasciò con la madre Eugénie Garsin quando, ancora giovane, scoprì di essere malato; la città dove è tornato più volte nel corso della sua breve esistenza e che fu punto di riferimento nodale per la sua arte.
Modigliani rimase sempre legato a Livorno e, come aveva già annunciato ai suoi amici, vi sarebbe tornato definitivamente a vivere con la sua Jeanne; la morte glielo impedì. Oggi, grazie alla collaborazione fra il Museo della Città e l’Institut Restellini, possiamo ammirare opere provenienti dalle raccolte di due collezionisti che hanno avuto un’importanza fondamentale nella vita di Modigliani. Il primo è Paul Alexandre che è stato al centro del legame tra Livorno e Parigi e lo ha aiutato nel progetto scultoreo delle “Cariatidi”, oltre ad aver facilitato i suoi rientri alla città natale nel 1909 e nel 1913. Il secondo è Jonas Netter che subentrò ad Alexandre nel sostenere l’artista e fu uno dei primi ad acquistare le opere del giovane livornese, arrivando a possederne una quarantina.
I ritratti in mostra sono accomunati da quello stile inconfondibile con cui Modì riusciva a rendere immortali amici, compagne, amanti e collezionisti. Fra tutti veniamo catturati dalla grazia magnetica di “Fillette en Bleu” un’opera del 1918, di grandi dimensioni, che raffigura una bambina dagli occhi diafani, avvolta da un’atmosfera rarefatta nella quale il colore tenue dell’abito si annulla quasi in quello del muro retrostante. Come ha osservato Sergio Risaliti è un’opera in cui si rispecchia tutta la bellezza dell’arte rinascimentale espressa con un linguaggio assolutamente moderno. Nel ritratto di “Chaïm Soutine” (1916) seduto con le mani appoggiate sulle ginocchia, Modigliani riesce a trasferire gli aspetti psicologici dell’amico che gli fu caro durante gli anni parigini più difficili ed arriva persino a farci percepire la reciprocità dell’affetto e della stima che li legava.
La sensibilità di Modigliani riesce sempre a restituirci l’anima dei soggetti ritratti, non a caso la rappresentazione grafica doveva sempre essere preceduta da una lunga frequentazione col personaggio stesso per riuscire a coglierne il profilo interiore. È così nel ritratto “Elvire au col blanc (Elvire à la collerette)” dipinto tra il ’18 e il ’19 raffigurante la giovane Elvira, ritratta ben quattro volte, due da vestita e due nuda, conosciuta ed ammirata a Parigi per la sua folgorante bellezza. Quotidiana spontaneità si avverte invece nel ritratto “Jeune fille rousse (Jeanne Hébuterne)” del 1919, dove la dolce compagna Jeanne Hébuterne si volge di tre quarti in atteggiamento colloquiale quasi a voler tessere un dialogo intimo con l’autore.
Di grande interesse anche i disegni fra i quali si ammirano alcune “Cariatidi”, e in particolare la “Cariatide (bleue)” del 1913. Il disegno appartiene al secondo ciclo che, a differenza del primo – costituito da studi per sculture ispirate all’arte primitiva – non è uno schizzo preparatorio ma un’opera a sé stante dove la figura femminile, dai contorni colorati e più sfumati, si arrotonda caricandosi di sensualità.
In mostra anche l’École de Paris
Attorno al nucleo centrale di Modigliani ruotano un centinaio di opere dei pittori più rappresentativi dell’École de Paris, anch’essi collezionati da Jonas Netter a partire dal 1915. Tra queste si possono ammirare dipinti di Chaïm Soutine come “L’Escalier rouge à Cagnes”, “La Folle”, “L’Homme au chapeau e Autoportrait au rideau”, eseguiti dal 1917 al 1920, che ben rappresentano la poetica dell’artista. Fra le opere di Maurice Utrillo spiccano “Place de l’église à Montmagny”, “Rue Marcadet à Paris e Paysage de Corse”, dipinti nei quali prevale un’atmosfera calma e serena che non lascia percepire il dramma dei tentati suicidi e la conseguente permanenza negli ospedali psichiatrici. In mostra anche dipinti di Suzanne Valadon, tra cui “Trois nus à la campagne” (“Donne nude in aperta campagna”), tema molto caro a Renoir e a Cézanne; André Derain, con “Le Grand Bagneuses”, opera considerata uno dei capisaldi dell’arte moderna, e Moïse Kisling artista polacco che ci ha lasciato uno dei ritratti più emblematici del collezionista Jonas Netter.
I numerosi artisti presentati in mostra come partecipi dell’ “avventura” di Montparnasse mettono in risalto il fenomeno che stava cambiando il mercato dell’arte verso gli anni dieci del XX secolo. La rapida evoluzione incoraggiava il nascere di nuove tipologie di mercanti, collezionisti e mecenati. I mercanti costituivano, per la miriade di artisti che proliferava sempre più numerosa, il passaggio obbligato per raggiungere i collezionisti, i mecenati e i musei. Al tempo stesso i mercanti rappresentavano, per i collezionisti ed i mecenati, il punto d’incontro con i giovani artisti generando un circolo che si alimentava a vicenda. È in questo circuito che si ritrovano Modigliani e i giovani di Montparnasse, promossi da giovani mercanti come Zborowski, sostenuti e incoraggiati da giovani come i fratelli Alexandre e collezionati da giovani come Netter: un mercato nuovo per la nuova generazione.
I fratelli Alexandre. Mecenati di artisti esordienti
Paul e Jean Alexandre erano due fratelli appena avviati alle rispettive professioni di medico e dentista ma entrambi nutrivano un fortissimo amore per l’arte. Questo amore, ancor prima di possedere un patrimonio sufficiente da farne dei mecenati nel vero senso del termine, spinse i due giovani ad affittare una casa diroccata al numero 7 di rue du Delta per offrire a pittori e scultori un luogo dove lavorare e vivere a una cifra bassissima. Da qui l’idea geniale di fondare una “colonia artistica” la cui direzione fu affidata a due artisti esperti che avevano il compito di selezionare, guidare e aiutare le nuove reclute. Nacque in breve tempo una realtà frequentata da artisti esordienti che diverranno poi quelli dell’Ècole de Paris. Con la loro “avventura” i fratelli Alexandre, che non erano nobili o grandi miliardari, contribuirono a dar vita ad un tipo di mecenatismo del tutto innovativo.
Netter, Zborowski e Modigliani
Jonas Netter, ebreo di origini alsaziane, rappresentante di commercio trasferito a Parigi, era affascinato dall’arte e dalla pittura, ma non aveva i mezzi sufficienti per poter acquistare le opere degli impressionisti quindi, pur di coltivare la sua passione, decise di cercare artisti alla sua portata finanziaria. Per scoprirli ed incontrarli Netter si associò ad un personaggio originale, tal Léopold Zborowski giunto dalla Polonia per studiare a Parigi ma improvvisatosi ben presto mercante d’arte, che gli mostrava i lavori di artisti allora del tutto sconosciuti. Netter, troppo preso dagli affari, vide in Zborowski il collaboratore ideale a cui affidare la gestione dei rapporti con gli artisti e con le opere (scelta, vendita, scambi etc.), e tramite lui ebbe modo di sovvenzionare gli artisti che aveva scoperto. Fu così anche per Modigliani, del quale decise di occuparsi dopo averne visto una tela.
Tale era l’ammirazione di Netter per l’artista livornese che di lui comperò tutto ciò che Zborowski gli propose. Nel 1916, dopo essersi sciolto da Paul Guillaume, Modigliani si era legato con un contratto a Zborowski concedendogli l’esclusiva delle sue opere a fronte di uno stipendio di circa trecento franchi al mese, della fornitura dei materiali (pittura, tele, modelle…) e pare anche delle spese d’albergo. Sicuramente il pittore fu pagato con il denaro di Netter ma solo a partire dal 1918 fu stabilito il vero accordo fra i tre che si presentava sotto forma di semplice lettera:
“Signor Leopold Sborowski, 3 rue Joseph Bara, Parigi
Lei mi ha proposto di partecipare per metà alle spese di mantenimento del pittore Modigliani. Acconsento alle seguenti condizioni, già stabilite verbalmente. Lei mi fornirà mensilmente la distinta delle somme che verserà al Sig. Modigliani e delle spese che sosterrà per lui. (…) Da parte Sua, Lei mi invierà, o mi farà inviare dal Sig. Modigliani, tutte le tele che egli farà, man mano che saranno pronte. Lei mi dichiara che il Sig. Modigliani produceva per Lei da 12 a 14 tele di diverse misure al mese, in ogni caso 12 tele al minimo (…). Come detto sopra gli invii del Sig. Modigliani mi verranno fatti direttamente e, avendomi concesso il diritto di scegliere le tele che mi piaceranno, sceglierò quindi la metà che mi spetta ( restituendo a Lei ‘altra metà’), essendo inteso che le tele della medesima grandezza saranno divise a metà. (…) Distinti salauti Jonas Netter”.
All’epoca, ognuno di loro era alle prime armi nel proprio campo: Modigliani un giovane artista, Netter un collezionista all’inizio della sua passione, Zborowski un mercante, per così dire, dilettante.
“Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre”
Livorno – Museo della Città, Piazza del Luogo Pio
Fino al 16 febbraio 2020
Orario: da lunedì a giovedì 10-19; venerdì, sabato e domenica 10-23
Mostra aperta anche il 25 dicembre e 1° gennaio
www.mostramodigliani.livorno.it